Come Radio Oh-la-la e Franco à gogo mi hanno cambiato la vita

La mia più profonda perversione ha un nome ridicolo, che ricorda qualcosa di innocente e un po' coglione; sentimentalista e poco adatto ai machos di ogni età: Franco' à gogo (l'accento sulla o è una licenza cui tengo molto; non sopporterei che si pensasse che il mio idolo mattutino e preserale sia intitolato a qualcuno che abbia rinunciato, per praticità, a un nome bello come Francesco, per preferirgli quel diminutivo ipocrita e pelandrone - conoscete qualcuno che si chiami Franco che sia anche veramente schietto?).

Altrimenti nota anche come Radio Oh-la-la, questa è una web radio che mi accompagna in alcuni di quei momenti della giornata che, qualche volta, le persone meno fortunate di me mi descrivono come critici. Quando mi sposto per andare a lavoro, per esempio. Solo che io mi sposto per andare a lavoro percorrendo giusto quei metri quadri di corridoio e di tappeti persiani che separano la mia stanza da letto - piena di libri e ricordini più o meno peccaminosi - dallo studiolo in fondo, in cui, un ricettacolo di tecnologia appoggiato a una scrivania, non riesce comunque ad annullare l'effetto garçonniere del pensiero debole che ho provato ad impartirle.

Perché amo tanto questa radio virtuale, che per giunta quasi mai ascolto in diretta, bensì sottoforma di podcast, e pure caricandola sul BlackBerry per mezzo di PodTrapper (devo ricordarmi di pagare i 9.99 $ per la registrazione)?

Potrei farvi esempi che durano giornate. Potrei raccontarvi come Natasha, l'olandese più radiogenica d'Europa, mi abbia svelato in poche puntate un mondo fatto di emozioni francofone e ye-yè, come se piovesse.

Ma vi dirò soltanto, in verità: ascolto radio Oh-la-là perché mi fa sentire quel lucano mezzo belga e mezzo minatore che non sono ancora stato e che forse non sarò mai; avido di luce quando esco dalla miniera in cui mi hanno ficcato, e tutt'altro che distrutto del fatto di possedere neanche un router, pure che funzioni male.

Come vincere a poker: io scommetto sulla matematica

In lieve anticipo sull'onda mediatica in corso sul poker online (specialità texas hold 'em) ma drammaticamente in ritardo per arrivare preparato a quest'onda di giocate (che si prospetta però una onda lunga) ho provato a giocare sul sito italiano autorizzato con più utenti, ( o su un altro che organizza numerosi tornei con gettone di ingresso anche basso) convinto di iniziare una grande carriera da pokerista senza fumo, wisky e fidanzata arrabbiata.

Conforme al profilo del giocatore italiano medio (a quanto pare il peggiore) ho iniziato a sfidare la fortuna con bluff annessi e connessi, sfidando l'avversario di turno con alti rilanci e sguardi virtuali da duro, sperando che il caso mi concedesse la carta giusta. Il risultato è stato ovviamente quello di perdere tutto l'importo che avevo destinato al gioco ben prima di aver finito la bottiglia di Jonnie Walker che, non avendo una fidanzata arrabbiata, avevo acquistato per entrare perfettamente nella parte e accompagnarmi in lunghe nottate di vincite.

Messo da parte orgoglio e wisky ho chiesto la maniera giusta di approcciare il gioco ad alcuni amici che da anni hanno capito cosa è il poker e ne fanno una fonte di profitto, nonchè una possibile professione futura. Zio_Slim, Anyway e il più giovane Gangomat mi hanno dato le prime tavole della verità: il poker è matematica, strategia, studio e concentrazione. Molto probabilmente tutti coloro che contano su fortuna, sfide personali con l'avversario, emotività e mosse non studiate, finiranno all'inferno, o per lo meno a esaurire velocemente il loro conto online.

Il poker è studio, e da allora mi sono impegnato in letture accademiche, partendo da un noto sito dove si trova materiale informativo per giocatori di tutti i livelli, un forum (per coloro che già capiscono lo slang italianizzato) e link ad altri utili siti. Non sono diventato un gran campione, ma forse ho capito la strada giusta per giocare con un pizzico di profitto e qualche speranza di migliorare costantemente il mio gioco.

I migliori auricolari per BlackBerry Storm

Ho risolto da tempo l'annosa questione del miglior palmare BlackBerry esistente al mondo. Tra BlackBerry 9500 (per gli amici Storm) e il Bold, ho scelto l'ampio schermo touch del primo, rinunciando alla tastiera nostalgica e alle forme maggiorate del secondo.

Alla fine credo che la mia scelta sia stata indirizzata non dalla comodità di poter utilizzare la mia piattaforma di trading online, ottimizzata per palmare e con grafici annessi (anche se non push); ma dalla possibilità di poter dibattere con tutti i miei amici che hanno fatto la scelta opposta (il Bold, appunto), con un spirito campanilistico e adolescenziale.

Mentre lo schermo touch funziona benissimo, e logora chi non ce l'ha, ho trovato il punto debole del palmare nell'accessorio meno caratteristico: gli auricolari. Ho immediatamente scartato il bluetooth per la mia incapacità di ricordare di caricarne le batterie. Così, ho optato per quelli di serie, splendidamente arrotolati intorno al telefono. E da lì ho iniziato, mio malgrado, a divorare auricolari. O, meglio, a farmi divorare da essi.

Quello di serie si è sbriciolato prima di finire i primi minuti mensili inclusi nella tariffa flat. Nei negozi Vodafone ho potuto solo reperire auricolari non originali, marchiati Vodafone e maledetti da San Gabriele Arcangelo in persona (che è il protettore della comunicazione) perchè non funzionassero per più tempo di una telefonata (molto più breve di quella di Massimo Lopez).

La soluzione è poi giunta con gli ottimi auricolari a totale isolamento acustico marchiati RIM, produttore, appunto, del BlackBerry. Non saranno in titanio, ma dubito che possano durare meno di quelli utilizzati sino ad ora. Li ho pagati poco meno delle cuffie di rimpiazzo per iPhone: sui 35 euro.

Tessera elettorale, biglietto per il week end

Questi fine settimana pre estivi (o post primaverili) sono quasi temuti dagli schieramenti di centro destra perchè pare invoglino soprattutto i loro elettori a fuggire dalle città senza passare dai seggi.

Ogni studente fuori sede o lavoratore emigrato, che risiede ancora per nostalgia o per innumerevoli vantaggi assicurativi nella propria città vicino al mare, scopre un vacanziero senso civicoe sognando un'abbronzatura da sfoggiare al suo rientro rispolvera la tessera elettorale a lunga scadenza.

Un tempo, da studente, attendevo con ansia che mi venisse inviata la tessera elettorale usa e getta, da mostrare orgoglioso in agenzia di viaggi per ottenere un biglietto ferroviario a prezzo ridotto. Oggi le compagnie low cost alleviano dal caldo e danno il definitivo senso vacanziero che ogni votante in trasferta richiede.

Ormai le tessere dei tempi andati non ci sono più e quest nuova mi ha procurato non pochi affanni per cercarla, non trovarla, ammettere a me stesso di averla persa e recarmi all'ufficio elettorale con vergogna per il mio senso civico almeno pari a quella di un adolescente che acquista una rivista pornografica. Si stava meglio quando si stava peggio.

Purtroppo le maledizioni dello schieramento avversario mi hanno procurato la nuvoletta del votante approfittatore, per cui di mare in questo fine settimana quasi non ne ho visto. Spero però fortemente nel ballottaggio.